La
storia in genere non è molto generosa verso le donne. 1 monumenti sono fatti per
onorare le imprese eroiche degli uomini, mentre per le donne non c'è molta
attenzione: eppure in molte guerre del passato grandi meriti vanno riconosciuti
al loro sacrificio e al loro coraggio. Nelle compagnie italiane erano chiamate
«vivandiere», Marketenderinnen in quelle tedesche, e ogni giorno seguivano i
combattenti come portavivande e si prendevano cura dei feriti.
Vivandiere deriva dal latino vivenda,
che significa «le cose necessarie a vivere». Negli eserciti dei secoli passati,
vivandiere era colui che procurava e vendeva vivande e generi di conforto al
soldati nelle caserme e negli accampamenti. Nella lingua tedesca suona Marketender, vocabolo che deriva dal basso latino mercatari e significa
«trafficare merci». Nei tristi periodi di guerra e di mobilitazione, come
durante la Guerra di Successione spagnola agli inizi del 1700 o durante le
invasioni francesi fra il 1796 e il 1810, spettava agli uomini delle compagnie
il dovere della difesa dei paesi e delle valli tirolesi, mentre alle donne, alle
spose, alle madri, alle sorelle, toccava la cura del vettovagliamento e
dell'assistenza ai feriti e agli ammalati. Si legga, al riguardo, quanto scrisse
il giurista e storico di Trento Giovanni Angelo Ducati (1774-1844) nel suo
manoscritto Cose avvenute nel Trentino dal 1796 al 1811: -Non ci fu un
tempo che possa mettersi a paragone coll'anno 1809 ... L’Europa intera stupì
all'eroico valore (dei Tirolesi) e agli immensi sacrifici recati sull'altare
della patria. Non solo gli uomini, ma si distinsero anche le donne. Obbliando il
sesso, divisero cogli uomini tutte le fatiche della guerra.
Non temevano il lampo delle sciabole, né il luccicare del baionette ... I
Tirolesi sapevano del resto vincere ma non incrudelivano mai contro i feriti e i
prigionieri. Davano i primi in cura alle loro donne che seguivano sempre
appresso il campo di battaglia, portando viveri al maschi e al figli, attendendo
a caricare i fucili. Esse medicavano loro le ferite, nel che avevano, come una
volta le donne del Medio Evo, qualche esperienza e conoscevano delle erbe
medicinali frequenti sui monti e ne spremevano i succhi salutari. Li trattavano
alla pari dei loro congiunti e con quella sollecita attenzione che è il
distintivo della donna al letto dell'ammalato. I prigionieri venivano
distribuiti nelle case dei contadini ed erano ammessi alla loro mensa». Al tempi
nostri le vivandiere delle compagnie di Schützen marciano in prima fila portando
di solito un mazzo di fiori, che vale un saluto e un augurio per il pubblico, o
una botticina cui sono legati, con catenina, un bicchiere di latta o un grande
corno bovino. Botticina e corno sono portati a bandoliera e ricordano il ruolo
di assistenza a favore degli uomini feriti, bisognosi di un sorso d'acqua o di
vino per calmare la sete bruciante provocata dalla perdita di sangue e dalle
infezioni. E’ solo un ricordo, perché oggigiorno questa pietosa opera di
soccorso è compito del personale della Croce Rossa, universalmente riconosciuta
e incoraggiata dalle convenzioni internazionali. Alle soglie del Terzo
Millennio, in tempo di pace, la presenza delle vivandiere non è più legata a
servizi logistici precisi ma non è nemmeno solo folclore: negli incontri sociali
o nell'accoglienza degli ospiti spettano loro incarichi preziosi come la cura
dell'ambiente e la preparazione delle mense.
Oggi, bersaglieri e vivandiere,
Schützen e Marketenderinnen, sanno di essere una tradizione vivente e si
appellano ad un passato che non vogliono dimenticare. Amano la loro terra e il
loro paese come amano le loro famiglie. Sanno che non c'è albero senza radici.
Vivono, senza dubbio, di ricordi, dai quali attingono insegnamenti,
singolarmente e come gruppo, però li richiamano senza alcuno spirito sciovinista
o razzista.
I Trentini che vogliono bene alla loro
terra sono tanti, sono la totalità. Tra di loro ci sono anche queste Compagnie
di Schützen e di vivandiere che apertamente ricordano le vicende passate perché
esse rappresentano il contenuto dell'identità trentina. Con questo intendono
entrare nella Nuova Europa, convinti di portare ad altri paesi un significativo
contributo di storia e di tradizioni.
|