La sua dimostrazione di coraggio e di patriottismo fu molto gradita, ma gli
oggetti che aveva portato gli vennero restituiti: si osservò che l'emergenza
vera non era ancora cominciata e si voleva evitare di chiedere ai cittadini
simili sacrifici. Nell' occasione venne letta la comunicazione del principe
vescovo che si offriva di contribuire alla causa con argenteria, il cui impegno
avrebbe potuto fruttare denaro contante per un valore di mille gulden.
Altrettanto patriottiche furono le iniziative dei roveretani, che
fecero tutto quanto era nelle loro possibilità. Essi schierarono la milizia
cittadina sul Monte Baldo e costituirono inoltre un grosso reparto, composto da
nobili, cittadini e commercianti (più di mille uomini) che si unì alla milizia
per difendere passaggi e predisporre fortificazioni, anche a costo di ingente
impiego di denaro. La direzione generale della difesa territoriale destinò da
Vienna come comandante dell'intera zona il conte Giovanni Castelbarco, che non
temeva sacrifici di sorta. Nella Val del Sarca, in Val di Ledro e su, nelle
Giudicarie ed a Lodrone, era stato inviato il capitano della città di Trento,
conte Wolkenstein, incaricato di prendere tutte le misure per arrestare un
eventuale attacco. A Storo si trovavano già i richiamati della Valsugana, oltre
a quelli delle Giudicarie, al comando di Pietro Beltrami, Evangelisto Serafini,
Pietro Poli, Malfatti di Ala e Giovanelli di Trento. In Val di Ledro tutti gli
uomini atti alle armi erano stati richiamati.
Il conte Federico Spaur condivise con il Castelbarco l'incarico
supremo della difesa del Tirolo meridionale."
Lacune strutturali e mancanze di organico delle truppe imperiali
nella Valle dell'Inn indussero i tirolesi a migliorare sensibilmente l'intero
apparato della difesa territoriale. Si era visto con grande chiarezza che gli Schützen
erano tatticamente superiori sui passi del confine meridionale e che il Tirolo
era troppo lontano da Vienna per potersi aspettare un aiuto decisivo da parte
dell' esercito austriaco. L'ordine di richiamo temporaneo del 1704 aveva
reclutato 8393 uomini; il secondo richiamo ne prevedeva quindicimila ed il terzo
ventimila. Il terzo dei quattro reggimenti - reggimento Valle dell' Adige - era
quello che comprendeva i richiamati da Merano fino a Lavis - 2214 uomini -
nonché gli uomini della Val di Non, della Val di Sole e di Monreale.
Il quarto invece comprendeva esclusivamente tiro1esi del Sud ed
aveva un organico di 1854 uomini. Essi erano suddivisi in dodici compagnie,
composte da tiratori scelti e da iscritti nelle liste del tiro a segno. Un
forte, intenso spirito li legava tutti solidalmente e non erano soltanto degli
ottimi tiratori ma degli uomini che amavano con tutto il cuore la loro patria.
Il richiamo alle armi del 1711 non
prevedeva ulteriori smembramenti; ecco l'organico delle principali compagnie
interessate:
Compagnia di Rovereto 289 uomini --- Compagnia di Trento
317 uomini --- Compagnia della Valsugana
331 uomini
Compagnia delle Giudicarie
418 uomini --- Compagnia di Riva
210 uomini
Nel 1714 l'imperatore emise in
favore del Tirolo un decreto ufficiale di autorizzazione alla chiamata alle armi(21).
Confermati anche i quattro reggimenti, cui veniva riconosciuta documentalmente
la funzione amministrativa.
Il secondo reggimento - Valle dell' Adige, con 1583 uomini - aveva sei
compagnie.
La quinta compagnia aveva un capitano tirolese di lingua italiana, Domenico
Vigilio Sorno, seguito da Sebastiano Manfroni. Tenente era Giuseppe Antonio
Palladi, sottufficiale Alfonso Scutellari. Il terzo reggimento - 1325 uomini -
era composto esclusivamente da trentini. Colonnello comandante era il conte
Francesco Sebastiano Lodron, comandanti di compagnia: Carlo Antonio Balduini,
capitano della seconda, Heinrich von Kässler
della terza e Francesco Antonio Spaur della quarta. La musica - tamburo e
piffero - era affidata a Jacopo Manzoni e Francesco Fälan.
Infine al reggimento da sedici compagnie appartenevano almeno un centinaio di
tirolesi italiani, scelti fra gli iscritti al tiro a segno.
Anno 1733: grande richiamo alle armi dei tirolesi italiani per la
difesa del confine meridionale. Tuttavia la guerra in Italia non si estende al
Tirolo.
Anno 1738: l'imperatore emette un'apposita ordinanza sui poligoni
di tiro degli Schützen dell'intero Tirolo. Circa 132 poligoni, cosiddetti
privilegiati, percepiscono contributi annuali per un totale di 1757 gulden.
Anno 1741: a causa dell'affollamento delle unità Schützen esistenti
viene creato un secondo reggimento. Il desiderio di moltissimi di entrare nelle
compagnie Schützen era giustificato dal fatto che essi non erano obbligati ad
esercitazioni militari.
Uno degli Schützen più conosciuti, il colonnello Giuseppe Cazzan,
già comandante del reggimento destinato alla difesa del confine meridionale, era
contrario ad un certo tipo di addestramento militare, che riteneva senza senso
quando si doveva combattere in montagna. E diceva: "L'arte della guerra non si
trova nei libri, ancora meno fumando davanti ad un boccale di birra o giocando a
carte o brigando per i favori di una donna, ma in battaglia e non
pavoneggiandosi davanti agli uomini con passo molleggiato."
Durante l'impero di Maria Teresa (1740-1780) la difesa del
territorio tirolese venne trascurata; sotto Giuseppe II (1780-1790) fu
addirittura smantellata, vennero distrutte le fortificazioni di confine e venne
istituita la coscrizione di uomini per la costituzione di un reggimento tirolese
facente parte dell' esercito austriaco. Ma ai tirolesi non piaceva prestare
servizio militare obbligatorio per dodici anni e combattere fuori della loro
terra. Il reggimento venne costituito ma con un certo numero di giovani
attaccabrighe e di reclute boeme e finì per non portare il nome di reggimento
tirolese.
(21) _ In pratica una nuova "ordinanza per la
difesa".
A integrazione della nota n. 20 di pagina 14, relativamente alle notizie
riguardanti la caduta del Castello di Arco riportata nel testo come avvenuta il
27 agosto, in seguito a recenti ricerche da parte della Compagnia Schützen di
Vezzano presso l'archivio della parrocchia di Tavodo, dove è stato rinvenuto il
diario manoscritto del parroco don Gerolamo Dusini di Cles, si riscontra questa
versione dei fatti allora accaduti. Il Castello di Arco capitolò il 17 agosto
dopo otto giorni di assedio per mancanza di munizioni. Il 20 agosto venne
attaccato il Castello di Drena che si arrese dopo un massiccio cannoneggiamento.
L'avanzata dei francesi proseguì oltre Cavedine e Castel Madruzzo fino al paese
di Ranzo ed ai monti soprastanti. Partirono allora da Molveno dove erano
concentrate le compagnie degli Schützen al comando dei capitani Cazzan di Egna e
Zorzi di Stenico che raggiunsero Ranzo attraverso il monte Gazza ed assalivano
all'alba del 27 agosto i francesi che si erano trincerati nel cimitero del paese
ed avevano piazzato le spingarde sul campanile della chiesa. L'assalto degli Schützen
fu così violento che rimasero uccisi cinquantasei francesi ed altri
centoquarantaquattro furono fatti prigionieri. |