La difesa territoriale
tirolese era imperniata dunque su di un unico elemento base: l'attacco nemico al
territorio. Non fu mai organizzata per portare attacchi all'esterno di esso. I
generali dell'esercito non videro mai di buon occhio quello che essi
consideravano un privilegio, pur riconoscendo che - di fatto - i tirolesi
provvedevano da sè alla difesa armata, anche se essa non era attuabile nelle
zone pianeggianti del nord e del sud del Tirolo poiché esse offrivano al nemico
la possibilità di vasti spiegamenti di forze in assetto da battaglia e pertanto
rendevano pressoché impossibile il compito dei difensori. Oltre a questo si
veniva a limitare implicitamente anche la libertà personale dei contadini, che
costituivano la grande massa degli uomini atti alle armi. Inquadrati
diversamente e portati lontano dalle loro montagne sarebbero stati costretti a
muoversi su territori appartenenti ai nobili, notoriamente grossi proprietari.
D'altro canto era impossibile dotare di armi tutta la popolazione,
cosa che per parte loro nemmeno i nobili volevano. E proprio nel Tirolo
meridionale, al contrario che in quello settentrionale, il prevalere dei grossi
proprietari terrieri aveva finito per limitare lo "status" dei contadini,
facendone degli individui di modesta rispondenza e di condizione economica
spesso indigente. I proprietari terrieri, a loro volta, disponevano sì di un
certo potere, ma di fatto limitato dai principi vescovi.
Nonostante ciò il Tirolo meridionale ebbe parte sorprendentemente
significativa nel contrastare gli attacchi nemici sui passi meridionali e nelle
strette valli di quel margine di territorio. Le guerre in Italia settentrionale,
dal 1500 fino al 1815, furono costantemente frequenti tanto da costringere gli
abitanti del Tirolo meridionale a numerosi, solleciti interventi in difesa dei
confini del Tirolo stesso. Tutti questi interventi impedirono pericolose
invasioni del territorio tirolese come avvenne negli anni 1487,
150881516,1703,1796 -1797,1809,1848,1859,1866 e 1915-1918.
La difesa del territorio da parte dei tirolesi fu una vera e
propria barriera protettiva di una terra che era costituita dalla Principesca
Contea del Tirolo e dai Principati vescovili di Bressanone e di Trento.
Sin dal 1280 il potere amministrativo del Principe Vescovo era limitato
dalle magistrature locali e dalle città; mentre la politica estera, il diritto
di battere moneta e la difesa territoriale competevano ai Conti del Tirolo.
Il Principe Vescovo di Trento, rispetto a quello di Bressanone,
disponeva di un territorio più vasto, ma ambedue avevano pari rappresentanza nel
consiglio regionale. La stessa città di Trento tendeva, in forza della presenza
dei vescovi, a disporre di un potere più consistente, mentre i principi tirolesi
si equivalevano sostanzialmente per quel che riguardava le capacità
amministrative di loro pertinenza.
Ad ogni modo in Tirolo esistevano, in forma del tutto
caratteristica, assetti amministrativi diversi nelle varie zone, influenza
vescovile a parte; nei vicariati di Rovereto, Riva, Arco ed Avio vigeva il
diritto veneziano, dato che fino al 1509 (dal 1411, n.d.t.) queste terre erano
state soggette a Venezia; analogamente in Val Pusteria e nel Tirolo dell'est,
appartenuti fino al 1500 ai Conti di Gorizia, e nella bassa Valle dell'Inn,
territorio bavarese fino al 1505.
Quando l'imperatrice Maria Teresa ed ancor più l'imperatore
Giuseppe II negli anni fra il 1769 ed il 1790(7)
intesero uniformare la struttura amministrativa dell'intero Impero
imponendo - ad esempio - contributi da destinare all'esercito (subito ritenuti
odiosi dai tirolesi) anziché potenziare la difesa territoriale esistente (si
costruì, ad esempio, una forte struttura burocratica asburgica, abrogando
definitivamente il parlamento regionale), i tirolesi si opposero decisamente ad
ogni progetto centralista, tanto che nacquero timori di una insurrezione.
Effettivamente venivano fortemente insidiati sia il bilinguismo esistente in
Tirolo sia i singoli assetti amministrativi in vigore da secoli, di cui la gente
non gradiva la possibile scomparsa.
La parziale riammissione del diritto locale attuata dall'imperatore
Leopoldo II (1790-1792) non valse ad impedire, ad esempio nel diritto civile, la
penetrazione di alcuni principi tipici della rivoluzione francese; finchè la
ricomposizione del Tirolo dopo l'occupazione bavarese (1815)(8)
consolidò un governo centralizzato dittatoriale introducendo addirittura la
censura sulla libera espressione del pensiero ed istituendo un nuovo
nazionalismo in tutta la monarchia e quindi anche nel Tirolo meridionale.
Il XIX secolo fu pieno di lotte nazionalistiche, vide il formarsi
di passioni irredentistiche ispirate dall'Italia fra molti intellettuali, mentre
per la verità contadini e nobili rimanevano "austriacanti"(fedeli sudditi della
sovranità asburgica, n.d.t.) (9).
Purtroppo nella parte tedesca del Tirolo si attivò un
contronazionalismo germanico, la cui aggressività si abbatté perfino sulle isole
germanofone del Tirolo italiano. Tuttavia questo fu gestito correttamente da
un'amministrazione neutrale, anche se fedelissima all'imperatore. Riva, Arco e
Levico furono splendidi centri balneari e mondani d'Austria mentre molti
artigiani ed operai tirolesi del sud trovarono lavoro nel Nordtirolo ed in
Austria, poiché il Tirolo meridionale, come la Venosta e l'alta Valle dell'Inn,
era sovrappopolato.
La "propaganda"(9) germanica (del Terzo Reich, n.d.t.), che da
ultimo contrastò l'impero e distrusse lo stato austriaco nel 1938, impose un
fittizio confine tirolese a Salorno, escludendo pertanto il Tirolo italiano.
Nonostante ciò nella prima Guerra Mondiale molti tirolesi italiani (circa
sessantaduemila solo nell'esercito, n.d.t.) combattterono, non solo come
Kaiserschützen e Kaisejager ma anche come Standschützen, contro l'Italia sul
fronte meridionale, anche se ottusi generali austriaci erano convinti che
nessuno di loro avrebbe combattuto per la Heimat tirolese.
La distruzione della Contea del Tirolo nel 1918 fece dimenticare
completamente la parte meridionale di quel territorio. Qui fu perseguito tutto
ciò che era tedesco, profondendo denaro per la sua italianizzazione e per
l'impianto di industrie peraltro di assai discutibile redditività.
Ci si dimentica troppo facilmente che dopo il 1918 tutto il Tirolo
del Sud venne completamente ignorato come terra tirolese. Naturalmente il
fascismo contò molto sul fatto che i tirolesi italiani erano per natura e per
formazione civica fedeli allo stato, mentre fece di tutto per introdurre ovunque
il concetto della "santa italianità"(9-10).
La seconda Guerra Mondiale portò - tra il 1943 ed il 1945 - ad
avere Nordtirolo, Sudtirolo e Trentino in una singolare quanto invisa
amministrazione sotto il governaatore nordtirolese Franz Hofer. Dopo il 1945,
nel quadro della rivendicazione dell'autonomia per il cosiddetto "Südtirol",
anche il Tirolo meridionale ebbe parte attiva, anche se le due province vennero
obbligate a sottostare ad una organizzazione comune ma superiore, la Regione
Trentino-Alto Adige. La diffusa inimicizia concorrenziale fra le due province
autonome è stata composta soltanto nell'ultimo decennio.
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(7) _ Quando Maria Teresa salì al trono le province
erano tutto ed il centro era nulla. L' "impero" era semplicemente la corte ed il
suo esercito. Maria Teresa creò un'organizzazione burocratica senza la quale
l'Austria non avrebbe potuto continuare ad esistere come grande potenza. Abolite
le cancellerie multietniche, fu istituita una direzione centrale a Vienna.
Agenti di questo organismo, indipendente e superiore alle diete provinciali,
sovraintendevano alle amministrazioni locali. Il Kreishauptmann (capitano
distrettuale o del collegio elettorale, un funzionario a metà strada fra
l'intendente ed il prefetto) era la pietra angolare dell'impero creato da Maria
Teresa; un sistema rigorosamente austriaco ma senza alcun carattere nazionale
ben preciso. Giuseppe II incrementò le caratteristiche di questo stato
"tedesco", in cui gli altri stati che lo componevano (ad es. l'Ungheria)
venivano considerati niente più che altrettante province. Egli ruppe perfino i
legami con la chiesa cattolica. Molti monasteri furono chiusi e la chiesa,
privata della propria posizione di privilegio, fu sottoposta ad un rigoroso
controllo statale.
Da "La monarchia asburgica" di A.J.P TaylOl; 1985.
(8) _ Metternich, tedesco della Renania, ministro
degli esteri austriaco dal 1809, per 39 anni rappresentò l'Austria in Europa
come "espressione diplomatica". Nel 1815, grazie a Metternich, l'Austria
riaffermò il proprio carattere "tedesco". La peculiare missione austriaca,
capolavoro della diplomazia di Metternjch, fu la sicurezza dell'Italia. La
politica estera austriaca fece perno per più di quarant'anni sulla questione
italiana. L'impero asburgico si fondava sulla tradizione, sui diritti dinastici
e sui trattati internazionali: in una parola gli era indispensabile la "forza
del diritto". Mentre con gli altri oppositori europei Metternich avrebbe potuto
arrivare ad un compromesso, questo non fu possibile con il nazionalismo
italiano, che non cercava concessioni dagli Asburgo, non una posizione
"speciale" nell'ambito della dinastia austriaca, nè una rispettabilità storica.
Il movimento italiano, piccolo e senza forza materiale, rappresentava un'idea
totalmente sovvertitrice della monarchia asburgica, in perpetuo conflitto quindi
con Metternich per il quale l'Italia fu il tema diplomatico principale, tanto
che nel 1848 e anche nel 1859 il destino del resto dell'impero asburgico fu
deciso dagli avvenimenti italiani. Le vittorie di Radetzky fecero fallire il "Vormarz"
(i moti rivoluzionari viennesi) del 1848 mentre Magenta e Solferino segnarono la
fine dell' assolutismo nel 1859.
Da "La monarchia asburgica" di A.J.P Taylor, 1985.
(9) in italiano nell'originale
(10) dopo 1'8 settembre 1943 il Terzo Reich si
annesse il Sudtirolo e amministrò le province di Trento e di Belluno nella "Operationszone
Alpenvorland - Zona di operazione delle Prealpi".
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