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IL MONDO DEGLI SCHüTZEN

DIE SCHüTZENWELT

  tratto da            

 "La tradizione degli Schützen nel Tirolo di lingua italiana" Erich Egg     

volume pubblicato dalla Compagnia Schützen "Major Enrico Tonelli" di Vezzano (TN)    

Grafiche Futura Mattarello (TN)                     

 

        La strenua difesa del Tirolo meridionale

all'entrata in guerra dell'Italia

  Nel 1914, ebbe inizio la prima guerra mondiale, nella quale l'Austria entrò, a causa di uno sventurato assetto politico interno, con un esercito comandato da generali vecchi e di preparazione militare, equipaggiamento ed armamento decisamente antiquati; su queste premesse essa mise tragicamente in gioco la sua stessa esistenza come stato sovrano ed indipendente.
   Nel 1914, sui campi di battaglia della Galizia, contro forze russe preponderanti, si dissanguarono i reggimenti tirolesi dei Kaiserjager e dei LandeSchützen . E l'esercito austriaco non si riprese più da un simile salasso, di cui rimane solo un parziale ricordo scritto su alcuni cippi ai caduti nel Tirolo tedesco ed italiano. Quando nel maggio del 1915 l'Italia dichiarò guerra all' Austria ci si rese conto che il Tirolo, così sguarnito di truppe, sarebbe andato perduto.
   Nella regione esistevano infatti soltanto i cosiddetti "battaglioni di via" (vale a dire unità composte da reclute in via di addestramento, senza alcuna esperienza di combattimento) ed alcuni battaglioni di territoriali. Contro ogni regola militare infatti non solo i LandesSchützen ma anche i due reggimenti territoriali tirolesi erano stati spediti in Galizia ed in Serbia, dove erano stati decimati. Insomma nel maggio del 1915 le truppe tirolesi erano lontane dalla loro patria.
   Le difficoltà incontrate dall'Italia in fatto di mobilitazione militare fornirono al Tirolo diverse settimane di respiro per organizzare una difesa del territorio cui vennero chiamati gli StandSchützen (in pratica ragazzi troppo giovani e uomini troppo vecchi e inoltre gli inabili, peraltro offerti si tutti volontari). Ogni distretto amministrativo ne predispose un battaglione. In forza dell'antico privilegio furono gli uomini stesssi a nominare gli ufficiali ed i sottufficiali. Così gli StandSchützen costituirono la prima linea del fronte contro l'Italia, cosa che non succedeva più dal 1871. La guerra di montagna volse subito a favore dei tirolesi: essi non avevano bisogno di una grossa organizzazione di appoggio e per parte sua la montagna fu anche nel ventesimo secolo un ostacolo insormontabile per lo spiegamento di ingenti formazioni di truppe. La guerra sui monti costò agli italiani un grosso tributo di sangue, sostenuto principalmente dagli ufficiali, che non riuscivano a far capire ai soldati del meridione la necessità dei combattimenti fra aspre rocce.
   Nonostante le improvvisazioni lo spiegamento di uomini nel Tirolo meridionale e sulle Dolomiti, dall'Ortler al Kreuzberg, tenne duro e fu lasciato aperto in alcuni punti soltanto dopo l'avanzata austriaca del 1917 ad est del fiume Adige.
   Non si vuole elencare qui tutti gli eventi bellici. Basterà ricordare le battaglie del 1915 sugli altipiani di Folgaria e Lavarone, l'offensiva del 1916 nella valle dell' Adige, i combattimenti del 1917 sull'Ortigara e l'offensiva italiana del 1918 sul ghiacciaio della Presanella. Contro ogni posizione discordante di provenienza nazionalistica sorta negli ultimi sessant'anni si intende qui sottolineare che i tirolesi italiani fecero volentieri tutto il loro dovere in ognuno dei reggimenti dei Kaiserjager e dei KaiserSchützen per difendere la loro patria natìa e nonostante esistesse la concreta possibilità di fuggire in Italia.
   La popolazione di vaste zone del Tirolo meridionale (Primiero, le basse Giudicarie, Ala, Avio) venne fatta sgomberare su iniziativa dei generali austriaci senza alcun riguardo e molte famiglie che risiedevano lungo il confine con l'Italia vennero deportate e/o evacuate in zone interne della monarchia.
   Chi conosce la durezza con cui la dittatura militare austriaca si espresse, considerando il Tirolo come una terra nemica, i cui rappresentanti politici dovevano essere rimossi, si meraviglia che, specie gli StandSchützen, abbiano eroicamente operato per la difesa territoriale, quasi un ultimo ricordo dell'impero dei molti popoli nel quale si poteva vivere bene assieme.
   Gli StandSchützen, come corpo militare, non erano mai esistiti prima del 1915, ma nel maggio di quell'anno arrivarono a comprendere in totale circa ventitremilacinquecento uomini, di cui 3442 tirolesi italiani e 2080 del Vorarlberg. Essi erano strutturati in battaglioni ognuno dei quali raggruppava uomini provenienti dallo stesso distretto amministrativo; in più, nel Tirolo del sud, essi erano suddivisi in compagnie.  Complessivamente essi contavano 41 battaglioni e 132 compagnie. Dopo il congedo degli uomini più anziani ed il passaggio di molti nelle file dei Kaiserjager e dei KaiserSchützen rimasero ancora - nel 1917 - dodicimilasettecento elementi tedeschi con 833 ufficiali e duemilanovecento tirolesi italiani con 102 ufficiali.
   Il fronte tirolese venne suddiviso in diversi settori operativi, dall'Ortler fino alle Dolomiti di Lienz. Nel settore dell'Ortler, nell' ottobre del 1915, stazionavano le Compagnie di Rabbi e di Fondo, ognuna con cinquanta uomini, e sul Tonale 597 tirolesi italiani (tra cui le Compagnie di Cles e di Malè) con 1187 tirolesi di lingua tedesca. Nelle Giudicarie stazionavano 419 StandSchützen di lingua italiana, nella fortezza di Riva le unità di Riva ed Arco, e nella Valle dell' Adige 331 tirolesi italiani ed oltre mille tirolesi di lingua tedesca. E fu proprio qui, lungo l' Adige, che si verificarono i primi scontri con i soldati italiani, quando agli austriaci venne ordinato di ritirarsi da Ala a Mori. Il 27 maggio 1915 alla battaglia di Ala parteciparono 170 gendarmi e 651 StandSchützen di Ala e di Borghetto al comando del maresciallo maggiore Prospero Galvan. Sulla collina Salandra ed a Costa Violina presso Marco il 4 settembre e 1'11 novembre ebbero luogo altri combattimenti (comandante maresciallo maggiore Eugen Lohbichler) così come in Vallarsa. Il 19 maggio 1915 l'arciduca Alberto donò agli StandSchützen la bandiera di combattimento. Ambedue i citati marescialli ricevettero la medaglia d'oro al valore.
   La Compagnia di Vallarsa, forte di trecento uomini e comandata dal maresciallo Borghetti, tenne la posizione di Anghebeni, nel bel mezzo della linea del fuoco, prima di ritirarsi ad Albaredo.
   Nel settore Folgaria-Lavarone stazionavano 392 StandSchützen italiani. Anche qui si ebbe un decorato di medaglia d'oro al valore, Anton Reyer, che nello scontro del 13 giugno a Casotto aveva fatto prigionieri 59 soldati italiani. La gendarmeria austriaca conservò la fiducia della popolazione, con la quale era andata sempre d'accordo in tempo di pace. Nel settore Valsugana stazionavano il battaglione Moena ed altre formazioni di tirolesi italiani, in tutto 953 uomini. Nel settore di Fiemme si trovava una parte del battaglione Moena e del battaglione Gardena, complessivamente 860 uomini di cui 636 tiro lesi di lingua italiana.
   Nel 1916 all'arrivo dei reparti operativi dell' esercito la disposizione dei reggimenti StandSchützen venne modificata: destinate al Tonale le Compagnie di Cles (157 uomiini) e di Malè (90 uomini), alle Giudicarie circa 300 uomini, a Riva le unità di Riva-Arco (83 uomini), in Fassa e sul passo Pordoi le Compagnie di Cavalese (220 uomini), Campitello (60 uomini), Moena (140 uomini) e Pozza (120 uomini).
   Nel 1917 a Riva ancora le unità di Riva ed Arco, nella Valle dell' Adige le Compagnie di Campitello (129 uomini), Pozza (131), Trento (199) e Vallarsa (66). Il fronte Folgaria- Valsugana-Fiemme era stato sguarnito in connessione con l'offensiva austriaca di quell'anno. Verso la fine del 1917 gli StandSchützen raggruppati in un certo numero di compagnie ed impiegati esclusivamente nei settori di Riva e della Valle dell' Adige. Si trattava precisamente di 13 gruppi comprendenti 58 compagnie. Un esempio: al IV gruppo (Riva) appartenevano le Compagnie di Riva, Arco, Trento, Vallarsa e Valsugana. Al gruppo "Valle dell' Adige" (I gruppo) le Compagnie di Cavalese, mentre del II gruppo (Fassa) facevano parte le Compagnie di Campitello e Pozza. Gli StandSchützen italiani vennero, in parte, assegnati a compagnie di lavoro, come alcuni uomini della Compagnia di Trento che finirono per essere impiegati in Val Pusteria.
   Di seguito si riportano i nomi delle formazioni degli StandSchützen trentini che, dopo un plurisecolare servizio per la difesa della patria tirolese, vennero reclutate per l'ultima volta:

- L R. (Imperial Regia) Compagnia di Ala-Pilcante;
- L R. Formazione di Baselga;
- L R. Formazione di Bedollo;
- L R. Compagnia di Borghetto;
- L R. Compagnia di Borgo;
- L R. Formazione di Brentonico;
- L R. Formazione di Caldonazzo;
- L R. Compagnia di Campitello;
- L R. Formazione di Carbonare;
- L R. Formazione di Castel Tesino;
- L R. Battaglione di Cavalese, con le Compagnie
          Predazzo, Cavalese, Anterivo, Primiero;
- L R. Formazione di Cavedine;
- L R. Compagnia di Cembra;
- L R. Formazione di Civezzano;
- L R. Battaglione di Cles, con le compagnie Cles,Taio,
          Fondo, Flavon, Brez, Proveis-Laurein;
- 1.R. Battaglione di Cusiano, con le compagnie Cusiano, Fucine, Ossana;
- 1.R. Formazione di Faedo;
- I.R. Formazione di Fai;
- I.R. Formazione di Folgaria-S. Sebastiano;
- I.R. Formazione di Lasino;
- I.R. Compagnia di Lavarone;
- I.R. Formazione di Lavis;
- I.R. Compagnia di Levico;
- I.R. Formazione di Luserna;
- I.R. Battaglione di Malè, con le compagnie
         Rabbi, Caldès, Malè;
- I.R. Compagnia di Mezzolombardo;
- I.R. Compagnia di Moena;
- I.R. Formazione di Nomi;
- I.R. Compagnia di Pedemonte-Casotto;
- I.R. Formazione di Pergine;
- I.R. Formazione di Pieve Tesino;
- I.R. Compagnia di Pozza;
- I.R. Reparto di Riva-Arco;
- I.R. Formazione di Roveré della Luna;
- I.R. Formazione di Sardagna;
- I.R. Formazione di Segonzano;
- I.R. Formazione di Spormaggiore;
- I.R. Formazione di Strigno;
- I.R. Compagnia di Tione;
- I.R. Formazione di Trambilleno;
- I.R. Battaglione di Trento;
- I.R. Compagnia di Vallarsa;
- I.R. Formazione di Vezzano;
- I.R. Formazione di Vigo di Ton;
- I.R. Formazione di Vigolo Vattaro.
La cessazione dei combattimenti lungo il fronte meridionale del Tirolo ebbe luogo a causa dell' esaurimento dei mezzi finanziari ed economici da parte dell'Impero austroungarico (sia i soldati al fronte che i civili nei centri abitati soffrivano da tempo la fame). La grande, antica monarchia aveva voluto dare inizio - nel 1914 - ad un conflitto ritenuto inizialmente come una spedizione punitiva contro la Serbia. Con ciò aveva prodotto il precipitare di una valanga ed in pratica sottoscritto la propria condanna a morte. I vittoriosi si aggiudicarono il Tirolo tedesco ed il Tirolo meridionale ed altri terrritori slavi mettendo peraltro le mani su di un gregge assai inquieto e per nulla pacifico come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. L'Austria divenne così un piccolo stato dotato di un apparato burocratico da grande impero. Nel Tirolo così ridotto venne meno qualsiasi iniziativa pratica, i rappresentanti politici sparirono uno dopo l'altro. In Sudtirolo ebbe inizio la resistenza popolare contro l'italianizzazione forzata, il Tirolo di lingua italiana diventò una provincia d'Italia come tante altre. L'Italia e prima di tutto il fascismo non conoscevano il concetto di autonomia delle province e dei comuni.
   A nord spuntò il nazionalsocialismo e nel 1938 l'Austria venne annessa alla Germania; dal 1943 al 1945 Sudtirolo e "Trentino" si trovarono nuovamente "riuniti" sotto i sommi poteri del governatore del Tirolo finchè nel 1944 e 1945 ebbe luogo l'ultima chiamata alle armi del Reich in dissoluzione: le ultime risorse di uomini vennero chiamate "StandSchützen"! Ma si trattava di un trucco ingannevole: ci voleva ben altro per resuscitare la Principesca Contea del Tirolo.
   Con l'introduzione della forma democratica nello stato italiano si risvegliarono in alcune province amministrate centralisticamente le istanze di autonomia. L'autonomia concessa al Sudtirolo in forza degli accordi di Parigi venne garantita anche alla Provincia di Trento, soprattutto per vedere rappresentata "l'italianità" nel consiglio regionale con il suo potere sovrapposto a quello delle due province. Ma pian piano si ridestarono anche nel Tirolo meridionale i ricordi dell'antica Contea del Tirolo, della quale esso era stato parte per settecento anni. Svanito il sogno nazionalistico si fece vivo il ricordo dell'integrità della giustizia, dell'autonomia dei comuni, delle altre qualità precipue dell' antico impero. In ambedue le province, Bolzano e Trento, cominciò a delinearsi nuovamente un profilo dell' antico Tirolo, dal Brennero fino a Borghetto. Nessuno ha intenzione di modificare i confini nazionali nell'Europa di oggi, ma è certo che regioni che possiedono caratteristiche storiche e socio-economiche particolari non devono essere imbrigliate entro confini di esclusiva valenza politica. Del resto il vecchio Tirolo è l'unica regione alpina che, assieme ai Grigioni, serve due pianure, una a Nord ed una a Sud.
   Interessi e problemi delle zone alpine sono completamente differenti rispetto a quelli delle ricche pianure italiane o germaniche. E se pensiamo di trattare tali interessi e tali problemi con criteri approssimativi e massimalistici sbagliamo di grosso perché la mentalità del tirolese, così come la lingua in cui si esprime, sono di gran lunga differenti da quelle di un bavarese o di un lombardo. Con l'applicazione delle libertà fondamentali ecco che l'antico spirito caratteristico degli Schützen è rinato in tutto il Tirolo soggetto all'Italia. Essi danno nuovamente vita ad una associazione che opera prevalentemente al di fuori delle grandi città, come nell' antico Tirolo, dove essa si sosteneva principalmente nei piccoli centri di valle. Essi non sono più una organizzazione di supporto militare ma tengono vivi la coscienza storica dell'uomo, il sentimento per la patria natìa, il senso di appartenenza alla propria terra e la propria identità. In tutto ciò essi hanno ragion d'essere; nell' antica Contea infatti potere, autorità e credibilità non venivano da Innsbruck e nemmeno da Trento e Bolzano, grossi centri socialmente ed economicamente dominanti, ma soprattutto dai piccoli centri di valle, dai comuni, che avevano tutti ugual voce in capitolo.
   Era una situazione completamente diversa da quella dell' Austria orientale con la capitale Vienna, da quella della Baviera con Monaco o da quella dell'Italia, dove i prefetti hanno il compito di rappresentare la potenza di Roma. Gli stati nazionali devono convincersi che i cittadini non vanno trattati secondo schemi precostituiti, ma che nelle regioni e nelle province esistono contesti antichi e sempre nuove individualità che hanno come fondamentale riferimento la terra natìa. E questo riferimento non significa soltanto assolvere obblighi verso lo stato (servizio militare, tasse, ecc.) ma contiene un valore altamente spirituale. L'arrivo di profughi dal terzo mondo influenza negativamente l'autonomia degli abitanti delle singole regioni e ciò va detto non tanto per insensibilità, ma perché molti immigrati non possono essere assimilati ed anche perché l'afflusso di troppi di essi distrugge il concetto di patria.
   La Federazione delle Compagnie Schützen del Tirolo Meridionale (oggi Trentino) è ancora piccola, ma nelle località in cui è rinata una compagnia essa si è conquistata una sua stabile incisività culturale, che non deve essere intesa come un pericolo per lo stato in quanto è a pieno diritto un'entità storica. Il ricordo e la memoria del passato non possono essere nemici dello stato, a condizione che lo stato pratichi una civile tolleranza. Chi non sa da dove viene non sa dove intende andare. Nessuno può cancellare la storia. È dunque questa la via da seguire in Europa: ammissione delle regioni come entità economico-amministrative nel riconoscimento di una lunga storia comune, che, come del resto la dura natura dei monti, ha sempre segnato indelebilmente l'uomo.
   Come presidente dell' Associazione "Bruder Wil1ram" di Innsbruck, l'estensore di questa ricerca storica tenta da vent' anni, assieme all'editore onorevole dotto Emil Juen e con la pubblicazione in doppia lingua dell' Almanacco Tirolese, di tenere alta la memoria dell' antico ponte che univa il Tirolo tedesco al Tirolo italiano. Per molto tempo ciò non è stato facile, né per noi né per i nostri amici e collaboratori di Trento, funzionari ed uomini politici. Ma è giunto il momento che in Germania ed in Italia, ma anche in Austria naturalmente, si prenda coscienza del fatto che i tirolesi hanno assolto ed intendono continuare ad assolvere un grande compito "europeo", fungendo da anello di congiunzione fra Nord e Sud.