Nel 1914, ebbe inizio la prima guerra mondiale, nella quale l'Austria
entrò, a causa di uno sventurato assetto politico interno, con un esercito
comandato da generali vecchi e di preparazione militare, equipaggiamento ed
armamento decisamente antiquati; su queste premesse essa mise tragicamente in
gioco la sua stessa esistenza come stato sovrano ed indipendente.
Nel 1914, sui campi di battaglia della Galizia, contro forze russe
preponderanti, si dissanguarono i reggimenti tirolesi dei Kaiserjager e dei
LandeSchützen . E l'esercito austriaco non
si riprese più da un simile salasso, di cui rimane solo un parziale ricordo
scritto su alcuni cippi ai caduti nel Tirolo tedesco ed italiano. Quando nel
maggio del 1915 l'Italia dichiarò guerra all' Austria ci si rese conto che il
Tirolo, così sguarnito di truppe, sarebbe andato perduto.
Nella regione esistevano infatti soltanto i cosiddetti "battaglioni
di via" (vale a dire unità composte da reclute in via di addestramento, senza
alcuna esperienza di combattimento) ed alcuni battaglioni di territoriali.
Contro ogni regola militare infatti non solo i LandesSchützen ma anche i due
reggimenti territoriali tirolesi erano stati spediti in Galizia ed in Serbia,
dove erano stati decimati. Insomma nel maggio del 1915 le truppe tirolesi erano
lontane dalla loro patria.
Le difficoltà incontrate dall'Italia in fatto di mobilitazione
militare fornirono al Tirolo diverse settimane di respiro per organizzare una
difesa del territorio cui vennero chiamati gli StandSchützen (in pratica ragazzi
troppo giovani e uomini troppo vecchi e inoltre gli inabili, peraltro offerti si
tutti volontari). Ogni distretto amministrativo ne predispose un battaglione. In
forza dell'antico privilegio furono gli uomini stesssi a nominare gli ufficiali
ed i sottufficiali. Così gli StandSchützen costituirono la prima linea del
fronte contro l'Italia, cosa che non succedeva più dal 1871. La guerra di
montagna volse subito a favore dei tirolesi: essi non avevano bisogno di una
grossa organizzazione di appoggio e per parte sua la montagna fu anche nel
ventesimo secolo un ostacolo insormontabile per lo spiegamento di ingenti
formazioni di truppe. La guerra sui monti costò agli italiani un grosso tributo
di sangue, sostenuto principalmente dagli ufficiali, che non riuscivano a far
capire ai soldati del meridione la necessità dei combattimenti fra aspre rocce.
Nonostante le improvvisazioni lo spiegamento di uomini nel Tirolo
meridionale e sulle Dolomiti, dall'Ortler al Kreuzberg, tenne duro e fu lasciato
aperto in alcuni punti soltanto dopo l'avanzata austriaca del 1917 ad est del
fiume Adige.
Non si vuole elencare qui tutti gli eventi bellici. Basterà
ricordare le battaglie del 1915 sugli altipiani di Folgaria e Lavarone,
l'offensiva del 1916 nella valle dell' Adige, i combattimenti del 1917 sull'Ortigara
e l'offensiva italiana del 1918 sul ghiacciaio della Presanella. Contro ogni
posizione discordante di provenienza nazionalistica sorta negli ultimi
sessant'anni si intende qui sottolineare che i tirolesi italiani fecero
volentieri tutto il loro dovere in ognuno dei reggimenti dei Kaiserjager e dei
KaiserSchützen per difendere la loro patria natìa e nonostante esistesse la
concreta possibilità di fuggire in Italia.
La popolazione di vaste zone del Tirolo meridionale (Primiero, le
basse Giudicarie, Ala, Avio) venne fatta sgomberare su iniziativa dei generali
austriaci senza alcun riguardo e molte famiglie che risiedevano lungo il confine
con l'Italia vennero deportate e/o evacuate in zone interne della monarchia.
Chi conosce la durezza con cui la dittatura militare austriaca si
espresse, considerando il Tirolo come una terra nemica, i cui rappresentanti
politici dovevano essere rimossi, si meraviglia che, specie gli StandSchützen,
abbiano eroicamente operato per la difesa territoriale, quasi un ultimo ricordo
dell'impero dei molti popoli nel quale si poteva vivere bene assieme.
Gli StandSchützen, come corpo militare, non erano mai esistiti
prima del 1915, ma nel maggio di quell'anno arrivarono a comprendere in totale
circa ventitremilacinquecento uomini, di cui 3442 tirolesi italiani e 2080 del
Vorarlberg. Essi erano strutturati in battaglioni ognuno dei quali raggruppava
uomini provenienti dallo stesso distretto amministrativo; in più, nel Tirolo del
sud, essi erano suddivisi in compagnie. Complessivamente essi contavano 41
battaglioni e 132 compagnie. Dopo il congedo degli uomini più anziani ed il
passaggio di molti nelle file dei Kaiserjager e dei KaiserSchützen rimasero
ancora - nel 1917 - dodicimilasettecento elementi tedeschi con 833 ufficiali e
duemilanovecento tirolesi italiani con 102 ufficiali.
Il fronte tirolese venne suddiviso in diversi settori operativi,
dall'Ortler fino alle Dolomiti di Lienz. Nel settore dell'Ortler, nell' ottobre
del 1915, stazionavano le Compagnie di Rabbi e di Fondo, ognuna con cinquanta
uomini, e sul Tonale 597 tirolesi italiani (tra cui le Compagnie di Cles e di
Malè) con 1187 tirolesi di lingua tedesca. Nelle Giudicarie stazionavano 419
StandSchützen di lingua italiana, nella fortezza di Riva le unità di Riva ed
Arco, e nella Valle dell' Adige 331 tirolesi italiani ed oltre mille tirolesi di
lingua tedesca. E fu proprio qui, lungo l' Adige, che si verificarono i primi
scontri con i soldati italiani, quando agli austriaci venne ordinato di
ritirarsi da Ala a Mori. Il 27 maggio 1915 alla battaglia di Ala parteciparono
170 gendarmi e 651 StandSchützen di Ala e di Borghetto al comando del
maresciallo maggiore Prospero Galvan. Sulla collina Salandra ed a Costa Violina
presso Marco il 4 settembre e 1'11 novembre ebbero luogo altri combattimenti
(comandante maresciallo maggiore Eugen Lohbichler) così come in Vallarsa. Il 19
maggio 1915 l'arciduca Alberto donò agli StandSchützen la bandiera di
combattimento. Ambedue i citati marescialli ricevettero la medaglia d'oro al
valore.
La Compagnia di Vallarsa, forte di trecento uomini e comandata dal
maresciallo Borghetti, tenne la posizione di Anghebeni, nel bel mezzo della
linea del fuoco, prima di ritirarsi ad Albaredo.
Nel settore Folgaria-Lavarone stazionavano 392 StandSchützen
italiani. Anche qui si ebbe un decorato di medaglia d'oro al valore, Anton Reyer,
che nello scontro del 13 giugno a Casotto aveva fatto prigionieri 59 soldati
italiani. La gendarmeria austriaca conservò la fiducia della popolazione, con la
quale era andata sempre d'accordo in tempo di pace. Nel settore Valsugana
stazionavano il battaglione Moena ed altre formazioni di tirolesi italiani, in
tutto 953 uomini. Nel settore di Fiemme si trovava una parte del battaglione
Moena e del battaglione Gardena, complessivamente 860 uomini di cui 636 tiro
lesi di lingua italiana.
Nel 1916 all'arrivo dei reparti operativi dell' esercito la
disposizione dei reggimenti StandSchützen venne modificata: destinate al Tonale
le Compagnie di Cles (157 uomiini) e di Malè (90 uomini), alle Giudicarie circa
300 uomini, a Riva le unità di Riva-Arco (83 uomini), in Fassa e sul passo
Pordoi le Compagnie di Cavalese (220 uomini), Campitello (60 uomini), Moena (140
uomini) e Pozza (120 uomini).
Nel 1917 a Riva ancora le unità di Riva ed Arco, nella Valle dell'
Adige le Compagnie di Campitello (129 uomini), Pozza (131), Trento (199) e
Vallarsa (66). Il fronte Folgaria- Valsugana-Fiemme era stato sguarnito in
connessione con l'offensiva austriaca di quell'anno. Verso la fine del 1917 gli
StandSchützen raggruppati in un certo numero di compagnie ed impiegati
esclusivamente nei settori di Riva e della Valle dell' Adige. Si trattava
precisamente di 13 gruppi comprendenti 58 compagnie. Un esempio: al IV gruppo
(Riva) appartenevano le Compagnie di Riva, Arco, Trento, Vallarsa e Valsugana.
Al gruppo "Valle dell' Adige" (I gruppo) le Compagnie di Cavalese, mentre del II
gruppo (Fassa) facevano parte le Compagnie di Campitello e Pozza. Gli
StandSchützen italiani vennero, in parte, assegnati a compagnie di lavoro, come
alcuni uomini della Compagnia di Trento che finirono per essere impiegati in Val
Pusteria.
Di seguito si riportano i nomi delle formazioni degli StandSchützen
trentini che, dopo un plurisecolare servizio per la difesa della patria
tirolese, vennero reclutate per l'ultima volta:- L R. (Imperial Regia)
Compagnia di Ala-Pilcante;
- L R. Formazione di Baselga;
- L R. Formazione di Bedollo;
- L R. Compagnia di Borghetto;
- L R. Compagnia di Borgo;
- L R. Formazione di Brentonico;
- L R. Formazione di Caldonazzo;
- L R. Compagnia di Campitello;
- L R. Formazione di Carbonare;
- L R. Formazione di Castel Tesino;
- L R. Battaglione di Cavalese, con le Compagnie
Predazzo, Cavalese,
Anterivo, Primiero;
- L R. Formazione di Cavedine;
- L R. Compagnia di Cembra;
- L R. Formazione di Civezzano;
- L R. Battaglione di Cles, con le compagnie Cles,Taio,
Fondo, Flavon, Brez,
Proveis-Laurein;
- 1.R. Battaglione di Cusiano, con le compagnie Cusiano, Fucine, Ossana;
- 1.R. Formazione di Faedo;
- I.R. Formazione di Fai;
- I.R. Formazione di Folgaria-S. Sebastiano;
- I.R. Formazione di Lasino;
- I.R. Compagnia di Lavarone;
- I.R. Formazione di Lavis;
- I.R. Compagnia di Levico;
- I.R. Formazione di Luserna;
- I.R. Battaglione di Malè, con le compagnie
Rabbi, Caldès, Malè;
- I.R. Compagnia di Mezzolombardo;
- I.R. Compagnia di Moena;
- I.R. Formazione di Nomi;
- I.R. Compagnia di Pedemonte-Casotto;
- I.R. Formazione di Pergine;
- I.R. Formazione di Pieve Tesino;
- I.R. Compagnia di Pozza;
- I.R. Reparto di Riva-Arco;
- I.R. Formazione di Roveré della Luna;
- I.R. Formazione di Sardagna;
- I.R. Formazione di Segonzano;
- I.R. Formazione di Spormaggiore;
- I.R. Formazione di Strigno;
- I.R. Compagnia di Tione;
- I.R. Formazione di Trambilleno;
- I.R. Battaglione di Trento;
- I.R. Compagnia di Vallarsa;
- I.R. Formazione di Vezzano;
- I.R. Formazione di Vigo di Ton;
- I.R. Formazione di Vigolo Vattaro.
La cessazione dei combattimenti lungo il fronte meridionale del Tirolo ebbe
luogo a causa dell' esaurimento dei mezzi finanziari ed economici da parte
dell'Impero austroungarico (sia i soldati al fronte che i civili nei centri
abitati soffrivano da tempo la fame). La grande, antica monarchia aveva voluto
dare inizio - nel 1914 - ad un conflitto ritenuto inizialmente come una
spedizione punitiva contro la Serbia. Con ciò aveva prodotto il precipitare di
una valanga ed in pratica sottoscritto la propria condanna a morte. I vittoriosi
si aggiudicarono il Tirolo tedesco ed il Tirolo meridionale ed altri terrritori
slavi mettendo peraltro le mani su di un gregge assai inquieto e per nulla
pacifico come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. L'Austria divenne così un
piccolo stato dotato di un apparato burocratico da grande impero. Nel Tirolo
così ridotto venne meno qualsiasi iniziativa pratica, i rappresentanti politici
sparirono uno dopo l'altro. In Sudtirolo ebbe inizio la resistenza popolare
contro l'italianizzazione forzata, il Tirolo di lingua italiana diventò una
provincia d'Italia come tante altre. L'Italia e prima di tutto il fascismo non
conoscevano il concetto di autonomia delle province e dei comuni.
A nord spuntò il nazionalsocialismo e nel 1938 l'Austria venne
annessa alla Germania; dal 1943 al 1945 Sudtirolo e "Trentino" si trovarono
nuovamente "riuniti" sotto i sommi poteri del governatore del Tirolo finchè nel
1944 e 1945 ebbe luogo l'ultima chiamata alle armi del Reich in dissoluzione: le
ultime risorse di uomini vennero chiamate "StandSchützen"! Ma si trattava di un
trucco ingannevole: ci voleva ben altro per resuscitare la Principesca Contea
del Tirolo.
Con l'introduzione della forma democratica nello stato italiano si
risvegliarono in alcune province amministrate centralisticamente le istanze di
autonomia. L'autonomia concessa al Sudtirolo in forza degli accordi di Parigi
venne garantita anche alla Provincia di Trento, soprattutto per vedere
rappresentata "l'italianità" nel consiglio regionale con il suo potere
sovrapposto a quello delle due province. Ma pian piano si ridestarono anche nel
Tirolo meridionale i ricordi dell'antica Contea del Tirolo, della quale esso era
stato parte per settecento anni. Svanito il sogno nazionalistico si fece vivo il
ricordo dell'integrità della giustizia, dell'autonomia dei comuni, delle altre
qualità precipue dell' antico impero. In ambedue le province, Bolzano e Trento,
cominciò a delinearsi nuovamente un profilo dell' antico Tirolo, dal Brennero
fino a Borghetto. Nessuno ha intenzione di modificare i confini nazionali
nell'Europa di oggi, ma è certo che regioni che possiedono caratteristiche
storiche e socio-economiche particolari non devono essere imbrigliate entro
confini di esclusiva valenza politica. Del resto il vecchio Tirolo è l'unica
regione alpina che, assieme ai Grigioni, serve due pianure, una a Nord ed una a
Sud.
Interessi e problemi delle zone alpine sono completamente
differenti rispetto a quelli delle ricche pianure italiane o germaniche. E se
pensiamo di trattare tali interessi e tali problemi con criteri approssimativi e
massimalistici sbagliamo di grosso perché la mentalità del tirolese, così come
la lingua in cui si esprime, sono di gran lunga differenti da quelle di un
bavarese o di un lombardo. Con l'applicazione delle libertà fondamentali ecco
che l'antico spirito caratteristico degli Schützen è rinato in tutto il Tirolo
soggetto all'Italia. Essi danno nuovamente vita ad una associazione che opera
prevalentemente al di fuori delle grandi città, come nell' antico Tirolo, dove
essa si sosteneva principalmente nei piccoli centri di valle. Essi non sono più
una organizzazione di supporto militare ma tengono vivi la coscienza storica
dell'uomo, il sentimento per la patria natìa, il senso di appartenenza alla
propria terra e la propria identità. In tutto ciò essi hanno ragion d'essere;
nell' antica Contea infatti potere, autorità e credibilità non venivano da
Innsbruck e nemmeno da Trento e Bolzano, grossi centri socialmente ed
economicamente dominanti, ma soprattutto dai piccoli centri di valle, dai
comuni, che avevano tutti ugual voce in capitolo.
Era una situazione completamente diversa da quella dell' Austria
orientale con la capitale Vienna, da quella della Baviera con Monaco o da quella
dell'Italia, dove i prefetti hanno il compito di rappresentare la potenza di
Roma. Gli stati nazionali devono convincersi che i cittadini non vanno trattati
secondo schemi precostituiti, ma che nelle regioni e nelle province esistono
contesti antichi e sempre nuove individualità che hanno come fondamentale
riferimento la terra natìa. E questo riferimento non significa soltanto
assolvere obblighi verso lo stato (servizio militare, tasse, ecc.) ma contiene
un valore altamente spirituale. L'arrivo di profughi dal terzo mondo influenza
negativamente l'autonomia degli abitanti delle singole regioni e ciò va detto
non tanto per insensibilità, ma perché molti immigrati non possono essere
assimilati ed anche perché l'afflusso di troppi di essi distrugge il concetto di
patria.
La Federazione delle Compagnie Schützen del Tirolo Meridionale
(oggi Trentino) è ancora piccola, ma nelle località in cui è rinata una
compagnia essa si è conquistata una sua stabile incisività culturale, che non
deve essere intesa come un pericolo per lo stato in quanto è a pieno diritto
un'entità storica. Il ricordo e la memoria del passato non possono essere nemici
dello stato, a condizione che lo stato pratichi una civile tolleranza. Chi non
sa da dove viene non sa dove intende andare. Nessuno può cancellare la storia. È
dunque questa la via da seguire in Europa: ammissione delle regioni come entità
economico-amministrative nel riconoscimento di una lunga storia comune, che,
come del resto la dura natura dei monti, ha sempre segnato indelebilmente
l'uomo.
Come presidente dell' Associazione "Bruder Wil1ram" di Innsbruck,
l'estensore di questa ricerca storica tenta da vent' anni, assieme all'editore
onorevole dotto Emil Juen e con la pubblicazione in doppia lingua dell'
Almanacco Tirolese, di tenere alta la memoria dell' antico ponte che univa il
Tirolo tedesco al Tirolo italiano. Per molto tempo ciò non è stato facile, né
per noi né per i nostri amici e collaboratori di Trento, funzionari ed uomini
politici. Ma è giunto il momento che in Germania ed in Italia, ma anche in
Austria naturalmente, si prenda coscienza del fatto che i tirolesi hanno assolto
ed intendono continuare ad assolvere un grande compito "europeo", fungendo da
anello di congiunzione fra Nord e Sud. |